Recensione: Sei di Corvi
È finalmente arrivato il momento di scrivere la mia recensione su Sei di Corvi di Leigh Bardugo, edito da Mondadori nel 2015.
Trama: Kaz, detto anche Manisporche, è un ladro spietato, bugiardo e senza un grammo di coscienza che si muove con disinvoltura tra le strade di Ketterdam. Un giorno viene avvicinato da uno dei più ricchi mercanti della città e, in cambio di un’enorme ricompensa, gli viene affidata una missione, o meglio un colpo. L’obiettivo è liberare lo scienziato Bo Yul-Bayur dalla leggendaria Corte di Ghiaccio, una fortezza considerata da tutti inespugnabile. È un compito arduo e potenzialmente mortale, ma Kaz sa il fatto suo, il suo cervello è una macchina perfetta che lavora senza mai fallire, e una volta messa insieme la squadra perfetta è pronto a partire. Per riuscirci, però, lui e i suoi compagni dovranno imparare a lavorare in squadra e a fidarsi l’uno dell’altro, perché il loro potenziale può sì condurli a compiere grandi cose, ma anche provocare grossi danni…
Era da moltissimo tempo che non mettevo le mani su un fantasy, e devo dire che forse aver ricominciato da questo è stata la scelta migliore.
Il libro mi ha coinvolta fin da subito, ho divorato le pagine con avida curiosità. La Bardugo ha uno stile impeccabile e ci trascina in un luogo che non ha per niente i colori luminosi e accesi di un mondo di fantasia. Al contrario è cupo, divorato dalla criminalità e dall’odio, ma non meno affascinante.
I personaggi vengono introdotti capitolo per capitolo, con i vari punti di vista che si alternano tra i sei protagonisti. Una trovata che di solito non mi piace ma che questa volta, grazie anche alla narrazione impeccabile degli eventi, ho apprezzato con piacere.
Nonostante però io ne sia rimasta affascinata, qualcosa non mi ha convinta per niente.
Forse il mio errore è stato quello di avvicinarmi a questo libro aspettandomi un capolavoro, una storia innovativa e completa. Mi aspettavo di innamorarmi e invece non è successo, e alla fine mi ha lasciato un’amara sensazione di insoddisfazione.
Non mi è dispiaciuta la lentezza del libro, l’abilità dell’autrice sta proprio nel riuscire a non essere noiosa nonostante i tempi lunghissimi tra un momento d’azione e un altro; ho apprezzato i flashback, uno dei miei stratagemmi preferiti, che sono inseriti con abilità e non disturbano affatto il racconto ma anzi gli regalano profondità. Nonostante ciò, alcuni punti li ho trovati un po’ frettolosi ed improbabili, quasi spuntati a caso. Veloci, rapidi, neanche mezza pagina e per questo incomprensibili, stonano completamente con il resto della scrittura (e qui mi riferisco in special modo all’incontro tra Inej e Tante Heleen prima di partire per la missione, ma anche ad alcune scene verso la fine).
Ciò che però mi ha davvero dato fastidio durante la lettura è stata l’età dei personaggi. Pur provando a mettermi nei loro panni e provando ad immaginare il contesto e l’ambiente in cui sono cresciuti e in cui vivono i nostri protagonisti, l’età anagrafica è qualcosa che mi ha dato profondamente fastidio. I sei ragazzi, in particolar modo Kaz, non si muovono, non parlano e non pensano come degli adolescenti. Se avessero avuto anche solo cinque anni in più sarebbe stato molto più credibile, invece no, sono degli adolescenti e mi è sembata una scelta dettata più da un motivo prettamente editoriale (se sono adolescenti il romanzo rientra nel genere dello Young Adult) che una decisione presa ai fini della storia, che secondo me non avrebbe potuto che giovare di una scelta più coscienziosa.
Parlando di Kaz, devo dire che per quanto il personaggio sia entrato nel mio cuore e mi abbia conquistata dal primo istante (al contrario dell’amatissima Inej che io ancora non riesco ad apprezzare pienamente) è stato lui che mi ha delusa più di tutti. Nel libro non c’è un unico vero momento di difficoltà, non c’è un istante in cui sono rimasta con il fiato sospeso, terrorizzata dalla prospettiva che sarebbe potuto andare tutto male. E questo perché? Perchè non importa la difficoltà o l’imprevedibilità di mille fattori, la mente di Kaz ha sempre un piano e quel piano va sempre a buon fine. E se non ha successo il piano originale niente paura, Kaz ha il piano di riserva e quello di riserva-riserva. Non esita mai, non ha un attimo di paura, non fallisce. Ed è questo che mi ha lasciata con l’amaro in bocca. Va bene il passato difficile, il carattere complesso e determinato, l’astuzia e l’ingegno, ma senza difficoltà un personaggio non cresce e non matura. La crescita di Kaz dall’inizio alla fine del libro è pari a zero, al contrario di tutti gli altri. Neanche il (flebile) tentativo di regalargli l’emozione più forte di tutte, l’amore, è riuscito ad incuriosirmi. L’ho trovato misero e non in tono con un personaggio complesso come lui.
Alla fine, è comunque un libro che ho apprezzato, mi è piaciuto e a modo suo mi è entrato nel cuore.
Sto già leggendo il secondo libro e devo dire che mi sta piacendo molto più del primo. Non vedo l’ora di sapere di più!
E a voi è piaciuto? La pensate come me per alcuni punti? Fatemi sapere nei commenti!
Alla prossima,
Flami

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